Entrando in un Costco per la prima volta si perde il senso della misura. Sembra di essere in un mondo abitato da giganti. Tutto è più grande in America e questo posto ne è la dimostrazione.
E’ un Supermercato. Un grande supermercato. Hanno di tutto ma solo a quantità industriali. Non puoi comprare uno spazzolino da denti. Devi comprarne almeno sedici.
Io, chiaramente, non lo sapevo.
Scaffali altissimi pieni di cibo di ogni genere imballato in grandi scatoloni.
Sono con Jared, il mio coinquilino. é la vigilia di Natale e i 28 gradi nell’aria rendono il tutto molto difficile da credere. Io indosso una t-shirt, Jared è in shorts.
Le due cinesine ferme al semaforo nella corsia a fianco alla nostra, ci hanno urlato Merry Christmas dal finestrino. é li che mi sono ricordato che giorno fosse e che non stavo andando al mare.
Siamo qui, perché abbiamo pensato di passare il giorno di Natale in un modo alternativo. Jared è un bravissimo cuoco e si è messo a disposizione per cucinare un vero e proprio pasto natalizio per 150 persone da destinare ai senza tetto di Skid Row. Il quartiere più disperato di Los Angeles dove migliaia di persone vivono sui marciapiedi nella miseria più estrema.
Questo nobile motivo giustifica la scelta di Costco. Io non sapevo di che posto si trattasse quando ho deciso di approfittare dell’occasione per comprare qualcosa da cucinare ai miei ospiti per il cenone di Natale di stasera. Ho invitato un po’ di amici conosciuti qui. Sono quasi tutti lontani da casa come me. Non è stato difficile ricreare un’atmosfera familiare insieme a loro.
L’idea è quella di cucinare un piatto tipico del proprio paese e condividerlo con i commensali. Io, sotto consiglio della mia mammina interpellata via Skype, ho optato per una pasta al forno. Non ho bisogno di tanti ingredienti. Soltanto un po’ di pasta, un po’ di pomodoro, e un po’ di mozzarella a cubetti. Prodotti facilmente reperibili in questo posto nonostante la quantità, ovviamente, non corrisponda a quella necessaria per sfamare una decina di bocche.
Dopo un’ora e mezza usciamo finalmente da Costco salutati dal cassiere che ci augura un buon Natale e, dopo aver dato uno sguardo ai due carrelli pieni di roba, ci dice “I’ll see you next year!”
Una macchina non basterebbe per trasportare i nostri acquisti ma, per fortuna Matthew, l’altro coinquilino, ha da poco acquistato il pick up che stiamo utilizzando. Questo rende le cose molto più agevoli.
Quando torno a casa Iris è già qui ad aspettarmi. Ha pensato di preparare il suo piatto austriaco direttamente nella mia cucina. Mi piacerebbe pronunciarlo come fa lei, ma i miei tentativi finiscono sempre per scatenare le sue risatine. Si tratta dello “Strudel”.
7.45 La mia pasta giace sul piano superiore del forno, lo strudel su quello inferiore.
8.15 “din don” i primi ospiti cominciano ad arrivare armati di vassoi pieni di cibo e bottiglie varie.
Ancora una volta le nazionalità che mi circondano sono le più svariate. Abbiamo rappresentanti delle Filippine, Portogallo, Messico, Austria e anche qualche sfollato statunitense che non è tornato a casa per le vacanze. L’albero illuminato e le luci soffuse creano un’atmosfera molto calda e piacevole.
Non sono a casa, me ne rendo conto. La mia famiglia è lontana e si è seduta a tavola nove ore fa, ma mi fa piacere trovarmi in mezzo a persone con cui, anche se in poco tempo, mi rendo conto di aver stretto dei bei rapporti.
Questo è il bello del viaggio. Ritrovarsi in mezzo a persone che hanno voglia di conoscerti così come tu hai voglia di conoscere loro.
Esseri umani in cattività in cerca di una protezione “sociale” reciproca.
Ti ritrovi ad essere il migliore amico di qualcuno in un paio di giorni.
Quando Jimmie, uno degli americani presenti, ci propone di brindare e di ringraziare il Signore per qualcosa, un po’ come loro fanno nel giorno del ringraziamento, io Lo ringrazio dei presenti e per averli resi parte della mia “famiglia” americana e dentro di me penso “ma dove sarei adesso se Internet non esistesse?”
L’atmosfera si scalda sempre di più, anche per via dei numerosi drink. e la serata si conclude al bar di fronte casa.
Non è stato proprio come andare alla messa di mezzanotte, ma è stato senza dubbio interessante.
Buon Natale!
Alle 9.00 del mattino Jared è già sveglio sui fornelli. Non ha bisogno del mio aiuto. Quando è al lavoro vuole essere l’unico in cucina. Così decido di cominciare ad organizzare il salottino per il tour de force che ci aspetta. In poco più di un’ora non ci sono più tracce dei bagordi della sera prima e quando anche Alyssa e Kelley arrivano possiamo comodamente prendere posto intorno al tavolino sul quale Jared ha disposto i vassoi pieni di cibo.
Perfetto lavoro di squadra. Alyssa è l’addetta ai contenitori per il cibo, Kelley dispensa patate e verdure, io mi occupo di riso e biscotti e, infine Jared, riempie gli spazi non ancora occupati con carne e salse varie e imbusta il tutto per mantenere calde le pietanze.
Alle 3 del pomeriggio abbiamo di fronte a noi 150 vassoi pieni di cibo caldo, pronto da consegnare. Jared è talmente felice di cucinare che si è addirittura preoccupato di riservare una trentina di contenitori a persone vegetariane.
Il mio braccio destro è un pochino indolenzito. Ho fatto lo stesso movimento per più di un’ora. Mestolo-riso-contenitore-mestolo-biscotto-mestolo-riso-contenitore….
Siamo pronti. I vassoi riempiono il bagagliaio della Volksvagen di Kelley e parte del sedile posteriore sul quale io e Jared siamo seduti.
Direzione Downtown LA. Il centro economico tra i più ricchi degli Stati Uniti nel quale si nasconde un quadrato di asfalto tra i più poveri al mondo. Skid Row.
Skid Row è una zona della città di Los Angeles grande, più o meno, una cinquantina di “blocks”. Si estende nord-sud dalla Seconda strada fino alla Settima, e est-ovest da Central Street fino a Main Street.
Avrei voluto esplorare questa zona unica al mondo da un bel po’ di tempo, ma tutti mi hanno sempre detto di non andare da solo. It’s the place where you don’t wanna be. Non c’è nessuno motivo per cui tu debba andare lì.
Scoraggiato da questi consigli non sono mai andato, ma finalmente oggi non sono solo e stiamo andando li per fare qualcosa di buono.
Osservando la ricchezza della città ostentata dai grattacieli visibili da ogni punto di Downtown, non ci si aspetta affatto di trovarsi davanti la miseria di Skid Row. Non c’è bisogno che nessuno mi dica che ci stiamo avvicinando. Mi rendo conto da solo che il panorama si sta trasformando radicalmente.
L’intera contea di Los Angeles ospita circa 80 mila senza tetto. Più di 9 mila vivono sui marciapiedi in questa piccola zona della città. Tossici, eroinomani, criminali, spacciatori, gangster e brava gente disperata. Quasi tutti afro-americani, un terzo dei quali è composto da bambini. C’è immondizia dappertutto e i marciapiedi sono neri perché questa gente ci dorme sopra da anni ormai.
Mi rendo conto da subito che è un posto in cui bisogna stare un pochino attenti.
Kelley ci espone il suo piano. Lei è alla guida e preferisce non ritrovarsi in macchina in mezzo a decine di queste persone che la assalgono per avere il cibo. Decidiamo di parcheggiare l’auto in una stradina laterale un po’ meno affollata e di andare a piedi a distribuire i vassoi. Riempiamo delle buste di Ikea con i vassoi e ci addentriamo nel quartiere.
Appena giriamo l’angolo ci ritroviamo in mezzo a loro. La situazione non è affatto piacevole. C’è gente che urla, chi parla da solo e chi si insegue prendendosi a parolacce. Ci avviciniamo gradualmente. Cominciamo da quelli che sono da soli prima di addentrarci nei gruppi.
“Hey man! How are you doing? Are you hungry? Want some food?” Questa è la frase tipo. La prima strada che percorriamo non è per nulla accogliente. Ci rendiamo conto che quella gente non sta affatto bene. Sono tutti sotto l’effetto di qualche droga e non ci stanno davvero con la testa. Litigano per avere il cibo e si spingono per averlo prima. Inventano scuse con noi per averne di più.
Le nostre buste si svuotano velocemente. Quando torniamo alla macchina per ricaricarle, decidiamo di spostarci in qualche altra strada, per vedere se la situazione altrove è migliore.
Parcheggiamo in un’altra stradina e ripetiamo l’operazione.
Questa volta l’atmosfera è diversa. La gente sorride e ci chiede se facciamo parte di qualche organizzazione.
Quando distribuiamo i vassoi ci ringraziano quasi commossi. “God bless you guys, Merry Christmas!”
Tutta un’altra storia. Questa è tutta brava gente costretta a vivere qui perché non ha un lavoro. Niente soldi.
I più fortunati hanno una macchina e ci vivono dentro. Molti di loro non hanno nemmeno i soldi per metterla in moto, ma la usano come una casa. Alcuni hanno delle tende da campeggio montate sui marciapiedi, altri dormono sull’asfalto senza alcuna protezione dal freddo della notte.
I più bisognosi sono accolti nelle Missions. Grandi edifici che ospitano un gran numero di senza tetto. I volontari che lavorano qui preparano ogni giorno pasti caldi. Il governo mette a disposizione assistenza sanitaria, dentisti, parrucchieri, docce calde. C’è tanta gente che si adopera per loro, ma la situazione, nonostante tutto, è davvero drammatica.
La gente continua a ringraziarci e questo ci fa davvero piacere. Ci rendiamo subito conto che i 150 pasti che abbiamo preparato riescono a sfamare soltanto una piccolissima parte di queste persone. Alcuni ci chiedono se abbiamo anche vestiti, calzini o mutande, ma purtroppo non ci siamo organizzati per quello.
La cosa piacevole è vedere che non siamo gli unici a distribuire cibo. Altre persone sono qui con la nostra stessa idea.
Addirittura, ci sono dei ragazzi che hanno preparato delle buste con dei soldi e le distribuiscono dal finestrino della macchina. Ce ne siamo accorti quando abbiamo visto questa macchina assalita da persone.
Lo sguardo sui loro volti mentre contano i soldi non ha prezzo.
“How much did you get man?”
“7 bucks!” Sorride.
Distribuiamo gli ultimi pasti. E’ un peccato che siano finiti così subito.
Uno di loro ci chiede cosa stiamo facendo. “Abbiamo preparato un po’ di cibo, volevamo augurarvi un buon Natale” “E’ davvero un pensiero gentile. Che Dio vi benedica!”
Un altro di loro si avvicina e con un tono sarcasticamente triste ci dice “Welcome to Beverly Hills!”
Avrei voluto filmare questo posto, ma avevo le mani impegnate. Inoltre, non mi sembrava affatto il caso. Non me la sono sentita.
Ho trovato questo documentario su YouTube che descrive davvero bene la situazione.
E’ in inglese, ma credo che le immagini parlino da sole.
Prima parte:
Seconda parte:
Terza Parte:
Pingback: Tweets that mention Un Natale diverso. Un Natale a Los Angeles. | ErnestoCinquenove -- Topsy.com
Pingback: La storia della ragazza in stazione
Pingback: Tenderloin. La zona oscura di San Francisco | Vivere San Francisco